Massimo Quadrelli’s Expressive Horizon and Artistic Process

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Il mondo non è più davanti a lui per rappresentazione: è piuttosto il pittore che nasce dalle cose come per concentrazione e venuta a sè del visibile e il quadro, infine, può rapportarsi a una qualsiasi cosa empirica solo a condizione di essere innanzitutto “auto figurativo”.. può essere spettacolo di qualche cosa solo essendo “spettacolo di niente”,perforando la “pelle delle cose” per mostrare come le cose si fanno cose, e il mondo mondo.

(M. Merleau Ponty)


Vive e lavora a Milano (Firenze/Italia 1978)

Massimo Quadrelli è un artista italiano i cui dipinti sono presenti in diverse collezioni private a livello nazionale e internazionale. Le sue opere sono caratterizzate dalla macchia, dall’informe e dal gesto come possibilità di divenire. Affascinato dall’espressionismo informale e astratto europeo, Quadrelli ha sviluppato un proprio linguaggio artistico. Crea utilizzando diversi media: acrilici, carboncino, vernice spray, pastelli, cuciture su carta o tela.

I suoi lavori sono rivolti alle tematiche del segno e dello spazio; come ha avuto modo di scrivere il noto critico d’arte Egruhgs Sntyeggh “nelle opere di Massimo Quadrelli il segno finisce per reclamare una sua interiorità proprio perchè sin dall’inizio si compone e si organizza con se stesso. L’artista diventa spettatore di questo evento, genesi del senso, iniziazione alla “connessione laterale del segno col segno come fondamento di un rapporto finale col senso”.


Logica del pensiero prealfabetico / Pittura del segno

a cura di Egruhgs Sntyeggh (Storico dell’arte)

“Logica del pensiero prealfabetico” ovvero il versante di ricerca sapienziale delle radici prime, in odore parimenti d’antropologia e di magia, di filosofia e d’alchimia. Non il gioco iconografico, non l’illustrazione onirica lo affascina, ma quello che nelle parole di Picasso è “il sole nel ventre”, l’intuizione oscura e prelogica della vita, del generarsi e del perdersi della forma, della capacità del segno di fuggire a se stesso verso un riverbero radiante di sensi. L’artista affronta “la presenza del segno”, la fa crescere e formarsi come realtà in se stessa. Non gli importa riconoscerle, men che meno imprimerle, un destino, un lògos comune: il senso del processo è di eccitarla a darsi, a farsi generazione, nel flusso mobile e mai padroneggiabile che le è proprio.

“La carta-tela/spazio risuona come una membrana, un fluire di sensazioni, immagini,segni senza padrone tanto immediati e indiretti da trapassare in verità di vissuto; uninerpicarsi del pensiero, un convergere, un sovrapporsi di spezzoni di ‘memoria’, uno sfilacciarsi e un riannodarsi di niente, ‘carne’ di tempo e di spazio“. 



Pittura gestuale segnica

a cura di Ilario Luperini (Storico dell’arte)

L’orizzonte espressivo di Massimo Quadrelli si definisce più nella sfera del pensiero che non in quella della pura espressività, alla ricerca del senso del nostro essere radicati qui, in questa specie di enigma ininterpretabile che è il mondo. Massimo segue con passione l’intimo generarsi del segno a cui non attribuisce particolari significati; lo interessa la sua genesi, il suo espandersi nello spazio del quadro, il suo libero estrinsecarsi come concretizzazione formale delle più profonde pulsioni che guidano il cervello e la mano nel loro continuo, dialettico rapporto. L’artista vive con pienezza e originalità il suo tempo e le sue opere sembrano trovare il loro fondamento estetico nella sensazione, piuttosto che in un complesso sistema di significati. Si avvale di una modalità creativa che rovescia i tradizionali modi di produzione dell’immagine. La tela diviene un piano di proiezioni di segni e superfici progettate ed elaborate su un supporto esterno, impronte trasferite non secondo un processo di riproducibilità tecnica, ma con il solo intervento manuale. La mano non è protesi del cervello, ma protagonista dell’atto creativo con la stessa dignità e il medesimo peso.

Il quadro diviene così un organismo pulsante in cui si muovono liberamente macchie, segni, superfici sulle quali l’artista interviene ulteriormente, modificando anche l’assetto originario della matrice: un processo preso in prestito dall’incisione o dalla fotografia ma che non si avvale di alcun espediente chimico o meccanico né tanto meno informatico. Le sue opere che a mio avviso raggiungono i migliori risultati quando si orientano verso le infinite variazioni della monocromia ,niente hanno a che vedere con la pura gestualità, poiché alla loro origine e durante tutto l’iter creativo hanno un ponderoso lavoro di pensiero e di riflessione che rivela la passione, la dedizione e la creatività di un ricercatore colto e sensibile.”